Quello di Hina Saleem "non è il primo né il centesimo caso, ma molto di più. E non sarà l’ultimo". Lo ha detto al Meeting di Rimini il gesuita egiziano Samir Khalil Samir, cioè il massimo studioso cristiano di islam (insegna all’Università Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio istituto orientale di Roma ed è l'autore di "Cento domande sull’islam"). Nel suo intervento Samir ha affrontato il tema dell’apostasia e della libertà religiosa nell’islam, e Il Foglio (di oggi) ha raccontato quello che ha detto. Una lettura che chiarisce un po' di cose:
“Nell’islam la donna rappresenta l’onore – spiega al Foglio – Si perme il peggio, purché non vengano toccate le donne dei musulmani. Se semplicemente vuole vivere al di fuori della comunità è lo scandalo assoluto. Fino a trent’anni fa, data d’inizio di quest’ondata islamista, la maggioranza delle donne che ho conosciuto non si copriva in questo modo. La tendenza radicale oggi è spaventosa, nasce prima di Khomeini, si origina nel 1974 con l’Arabia Saudita e i Fratelli musulmani”. Se al posto di Hina ci fosse stato Mohammed, secondo Samir avrebbero detto: “Beh, l’uomo è l’uomo. La donna incarna tutto il male della società islamica. La donna rappresenta la bellezza dell’islam e il rigore dell’islam, pensiero che si è rafforzato nello scontro di civiltà con l’occidente. Posso baciare la mia fidanzata a casa, ma non per strada. E’ scandalo persino che per strada ci si tenga per mano. L’islam oggi nasconde la donna totalmente e non era mai accaduto prima, a parte gruppi wahabiti, salafiti e afghani. La presenza in occidente ha incoraggiato, anziché la libertà, la clausura”.
Ci racconta un episodio di cinque anni fa a Torino. “Venne fuori la storia delle foto delle donne marocchine sulla carta d’identità. Erano tutte con il velo. La polizia obiettò che non era ammesso, l’imam somalo rispose che quella era la legge dell’islam. ‘hanno cercato un gesuita egiziano…’, dissero. Due giorni dopo si scopre che quelle donne sul passaporto marocchino non avevano la testa velata. L’imam somalo rispose che quando erano in Marocco non avevano capito bene l’islam, a Torino tutto era più chiaro.
‘Se l’apostata non ritorna deve essere ucciso’, dice il rettore dell’Università Al-Azhar. Il motivo è la ‘fitna’, la sedizione, l’apostata è in guerra dichiarata con l’islam. ‘Uccideteli ovunque li incontrate’ dice la sura della Vacca. La conversione e l’apostasia sono un atto di offesa all’islam e alla ummah”. Al terrorismo nutrito dal multiculturalismo, padre Samir associa il comportamento dell’Europa nel caso di Ayaan Hirsi Ali. “Mi vergogno per il ministro olandese e per il paese che l’ha condannata. Erano gli stessi funzionari che le avevano detto cosa dire per poter essere accolta. Tutti hanno taciuto.
Dietro al pensiero islamico arcaico c’è una critica, spesso fondata, all’occidente. I musulmani quando arrivano in Europa pensano che qui se ne fregano di Dio, loro invece ad Allah ci tengono. L’occidente allora che fa? Reagisce con il mea culpa, si batte il petto, basta attaccarli e gli occidentali si ritirano”. L’islam, che sembra fortissimo, attraversa in realtà una grande crisi. “E’ come un adolescente stupido che attacca tutti. Fa proseliti su proseliti perché l’occidente si autonega, si vergogna di sé e fa del dubbio il valore assoluto. Così è il momento della propaganda islamica e si diffondono senza precedenti. L’islam sogna il X secolo, ‘più saremo fedeli alla lettera del Corano più saremo vittoriosi’.
I terroristi di Londra erano ben integrati quando hanno incontrato qualcuno che ha detto loro ‘voi sbagliate, venite da noi’. A Parigi vado ogni anno nelle banlieu fra i giovani musulmani. Ho visto che si mettono l’abito bianco lungo, si fanno crescere la barba profetica e indossano un berretto in testa quando non vogliono essere più un numero che non vale niente. Per affermare la propria identità si definiscono come un anti, diversi. E’ nella moschea che ricevono tutto questo. Lì trovano predicatori allenati all’odio e a insegnare a combattere per il jihad. Gli imam devono essere controllati duramente, altrimenti il terrorismo fiorirà sotto i nostri occhi e dentro le nostre case”.
Veniamo ai motivi per cui questo posato studioso del Corano, dall’accento francese e dai modi gentili, esclude che possa verificarsi a breve una riforma dell’islam. “L’abisso è nell’ermeneutica, l’interpretazione. Il cristiano dice che la Bibbia viene da Dio, il musulmano che il Corano viene da Dio. Come si spiega però il divino in termini umani? Il cristiano dice che chi scrive è ispirato dallo Spirito Santo, è il contenuto che viene da Dio. Riconosce che i Vangeli sono umani, perciò dico ‘secondo Giovanni’. Questa distinzione permette l’interpretazione. L’islam dice che il Corano è scritto presso Dio, nel cielo, ed è disceso su Maometto tramite l’angelo, non l’uomo. Se è così non si può più estrarre il contenuto dalla forma materiale. Il ripensare l’islam è quindi impossibile”.
Ma il fatto più grave è che l’islam sia nato come progetto politico: “Il cristianesimo è un progetto di riforma della società anche politica, ma sempre attraverso il cuore della persona. L’islam è progetto politico, militare, di conquista e integrale. Maometto ha diffuso la sua visione di Dio nella penisola arabica conquistando le tribù una dopo l’altra e decapitando la tribù ebraica Banu Qurayza. Cristo viene ad annunciare e i suoi lo rigettano. Maometto predica e i suoi lo rigettano. Poi Cristo sale a Gerusalemme e si offre alla morte. Quando Pietro tira fuori la spada lo ferma. Maometto invece si ritira a Medina, condanna La Mecca, ‘infedeli’, prepara una città e una società fortissima, piccole conquiste e acquisti. Quando è forte, attacca e rientra vittorioso. Cristo invece rientra vittorioso spiritualmente ma disfatto umanamente, con questa disfatta vince la morte. La riforma dell’islam deve essere fatta dai musulmani, ma quando ci provano vengono subito eliminati. E’ ciò che il cristianesimo invece ha compiuto nel Settecento, molto prima dell’illuminismo”.