24 dicembre 2005

Walt Whitman: 150 dopo Leaves of Grass

A 150 anni dalla pubblicazione di Leaves of Grass, il Corriere di oggi dedica uno schizzo biografico e una breve nota introduttiva al maggiore poeta americano di ogni tempo. Non ho potuto vedere la versione cartacea ma solo quella on-line, che non reca alcuna indicazione circa l'autore (o gli autori) di questi due pezzi. Chiunque li abbia scritti, però, ha dato un contributo alla conoscenza di Walt Whitman. Riproduco il tutto qui sotto. Buona lettura. E soprattutto ...

Buon Natale!

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Dal Corriere della Sera del 24 dicembre 2005

Whitman nei suoi momenti più alti può reggere il paragone con Dante e Shakespeare» sostiene il critico letterario Harold Bloom: si tratta di un poeta che fa parte dei grandi classici della letteratura e, come tale, influenza anche gli scrittori contemporanei. «Giorni memorabili», l’ultimo romanzo di Michael Cunningham (pubblicato nel maggio di quest’anno negli Usa ed edito in Italia da Bompiani), è ispirato proprio a Whitman. Il premio Nobel per la Letteratura J. M. Coetzee ha pubblicato sul «The New York Review of Books» - sempre nel 2005 - un articolo sulla figura e il corpus poetico dello scrittore americano. La «Library of Congress» ha dedicato una mostra omaggio al poeta dal titolo «Rivedersi: Walt Whitman e Foglie d’erba ». Quest’anno in Gran Bretagna e negli Stati Uniti sono stati pubblicati numerosi saggi ed edizioni critiche sulla poesia di Whitman: tra questi, ricordiamo «Walt Whitman» di David S. Reynolds e «Transatlantic Connections: Whitman US, Whitman UK» di M. Wynn Thomas.

Centocinquant’anni sono passati da quando questo ragazzaccio scamiciato, col cappello da cowboy, fascinoso di un’ambigua bellezza, giornalista e tipografo, figlio di un falegname, detestato dai professori e adorato dai ragazzi del suo tempo, capace di abbracciare tutti e di lasciarsi abbracciare da tutti, ricco di un vibrante ritmo americano, diretto e sincero, capace di affrontare il problema della situazione del Nuovo mondo, ha pubblicato a sue spese un libretto piccolino chiamandolo Leaves of Grass (Foglie d’erba). Questo ragazzaccio, capace in una ventina di anni di diventare il poeta più importante della letteratura americana di tutti i tempi, quel suo po’ di educazione rudimentale l’ha ricevuta nei sei anni che ha frequentato la scuola pubblica, cominciando nel 1825 e finendo a undici anni, quando si è impiegato come fattorino in un ufficio di avvocati. A sedici va a New York cercando lavoro, ma come tipografo compositore, e trova la città invasa da immigranti irlandesi, che fanno scoppiare risse antiabolizioniste; la disoccupazione è molto diffusa e Whitman nel maggio 1836 fa ritorno in famiglia a Long Island. Nel maggio 1841 è di nuovo a New York e questa volta è il momento giusto: nel 1835 James Gordon Bennet ha dato vita al «New York Herald», un giornale politicamente indipendente e che può insultare chiunque. Così sono nati altri giornali indipendenti e nel 1841 Whitman si trova in mezzo a una guerra editoriale e accetta di lavorare negli uffici di Benjamin Parker, editore del quotidiano «Evening Signal» e del settimanale «New World». Qui Whitman impara le trappole del giornalismo e si interessa alla politica del Partito democratico al punto da parlare a un’adunata pubblica, tuttavia senza mai pensare di seguire la politica come una carriera: invece, continua a scrivere pubblicando tre racconti nella «United States Magazine» e nel «Democratic Review». Benjamin Parker pubblica le sue poesie nel «New World» e nel «Brother Jonathan», dando un’idea di come Whitman avrebbe trattato le sue poesie in Leaves of Grass . Nel febbraio 1842 Whitman annuncia una collaborazione sul «New York Mirror» diretto da Thomas Nichols, a marzo è già impiegato nel giornale e a meno di un anno dal suo arrivo a New York è nominato direttore. Nell’articolo di fondo Whitman presenta alcuni dei suoi temi che l’avrebbero reso famoso nel mondo: l’americanismo in letteratura e l’importanza del luogo comune e anche una serie di conferenze sui trascendentalisti della Nuova Inghilterra, come Ralph Waldo Emerson. Whitman è licenziato a metà maggio. A questo punto Benjamin Park lo assume di nuovo perché scriva per lui, Benjamin, un romanzo sulla trasparenza, includendolo nel suo movimento di riforma improvvisamente diventato popolare. Così il primo lavoro a sé stante di Whitman esce come supplemento del «New World» il 23 novembre 1842. Whitman lo scrive in fretta, introducendovi parti dei suoi racconti già pubblicati, e vende bene, più di ventimila copie. In vecchiaia non accetta questo libro, che però rappresenta bene le sue credenze sulla temperanza e rivela che non beveva alcol. Nel 1843 dirige «Statesman», nel 1844 il «New York Democrat» e intanto pubblica i suoi racconti tra i vari giornali del tempo. I suoi argomenti preferiti in quegli anni sono l’educazione (che è sempre stato il suo principale interesse), i consigli agli esordienti, la temperanza e le buone maniere, evitando la politica. Il 25 novembre 1945 pubblica un articolo sulla musica nel «Broadway Journal» con una presentazione del suo direttore Edgar Allan Poe. Il 26 febbraio 1846 il fondatore del «Brooklyn Daily Eagle» muore e dopo due settimane Whitman è chiamato a succedergli - in quella che è stata la sua esperienza giornalistica più lunga - con l’aiuto del proprietario del giornale che era Isaac Van Anden, democratico convinto che collabora con due «colonne» in ciascun numero quotidiano. I suoi argomenti sono eclettici e ora includono la politica. Whitman si trova a discutere l’abolizionismo denunciandone il fanatismo. Il 3 gennaio 1848 pubblica un articolo su «The Eagle» e il proprietario del giornale Van Anden alla fine del mese lo licenzia. Per quell’anno Whitman lavora poco, pubblica solo qualche poesia su qualche giornale: soprattutto va da solo sulle spiagge deserte di Coney Island, dove declama Omero e dove scrive su un notes delle idee per qualche poesia. Il 1850 e il 1855 sono per lui importanti, perché in quel periodo scrive e compone la prima edizione del suo «Foglie d’erba» e così crea una nuova epoca nella poesia di tutto il mondo. Le «Leaves of Grass» del 1855 sono stampate da due amici di Whitman, i fratelli Sam e Thomas, che lo lasciano assistere alla impaginazione. Le pagine sono novantacinque, di cui dieci riguardano la prefazione in prosa del libro. A pagina 27 il poeta si identifica come Walt Whitman, «disordinato e sensuale nella corporatura, più modesto che immodesto», e nel frontespizio c’è un’incisione di Whitman con indosso una camicia bianca aperta sul collo con la barba e il cappello, in posa comoda a fissare il lettore. Si erano stampate mille copie, non tutte rilegate subito e la maggior parte avvolte in un asciugamano e alcune, probabilmente da vendere a prezzo ridotto, avvolte nella carta. Il volume viene annunciato in svendita per due dollari. «Leaves of Grass» contiene dodici poesie senza titolo e dopo l’introduzione una serie col titolo applicato dopo la composizione: il «Songs of Myself». La prefazione di Whitman parla di letteratura americana, è anzi uno dei documenti più importanti in quella storia di nazionalismo letterario americano, come sottolinea la frase di Whitman: «Gli Americani di tutte le Nazioni, di tutti i tempi della Terra, hanno probabilmente la natura poetica più ricca di tutti». Il 5 luglio 1855 Ralph Waldo Emerson si rivolge al poeta - in una lettera deliziosa - con la frase che tutti gli americani conoscono a memoria: «I greet you at the beginning of a great career». Successivamente Whitman comincia senza esitare a fare una serie di nuove edizioni - la seconda nel 1856 a Brooklyn, la terza nel 1858 a Boston di quattrocentocinquantasei pagine con centoventitré poesie nuove, la quarta edizione a New York nel novembre 1867 - che lo conducono economicamente in miseria. Nel 1870 esce «Democratic Vista», che Allen Ginsberg coi suoi reading e il suo armonium ci ha fatto quasi imparare a memoria e capire che cos’è in realtà l’idea della democrazia americana. Nello stesso anno a Washington è la volta della quinta edizione, la sesta edizione arriva dopo che Whitman è colto (nel 1873) da una paralisi al lato sinistro. Nell’aprile 1881 il poeta si reca a Boston per una conferenza su Lincoln e lì gli dedicano per onorarlo un’edizione nuova di «Leaves of Grass»; però, il 4 marzo 1882 la città di Boston dichiara il libro di Whitman osceno e lo costringe a sostituire due poesie («A woman waits for me» e «Ode to a common prostitute»): Whitman chiama questa edizione «Author’s Edition». Nel marzo 1884 compra una casa a Camden e vi rimane fino alla fine: con l’inizio di giugno del 1888 ha un altro colpo e la sua situazione diventa grave. Nel 1888 viene pubblicata la cosiddetta ottava edizione e per il suo settantesimo compleanno gli regalano un’edizione tascabile del libro. Nel 1891 sceglie un mausoleo di cui è rimasta una minuscola capanna mezza sfasciata; alla fine dell’anno ha una ricaduta e gli si congestiona il polmone destro. Muore la sera del 26 marzo 1892. Viene sepolto quattro giorni dopo. Così cominciano le definizioni dei biografi: Whitman come hegeliano, come trascendentalista, come profeta del personalismo o del governo del mondo o del Cristo del nostro tempo, e chissà quante altre che ora non mi vengono in mente ma a me piace una definizione un po’ patetica, un po’ amorosa: «Whitman è il poeta americano, più genuinamente americano».

22 dicembre 2005

Astenetevi pure, ma poi non lamentatevi

Proibizione della musica "occidentale e decadente", restrizioni anche in campo cinematografico (proibiti i film "decadenti e stupidi").
Ahmadinejad procede come un rullo compressore (v. esperimento e Il Giornale).
Ben gli sta agli iraniani moderati e secolarizzati che non sono andati a votare (perché delusi dal "riformista" Kathami), regalando la vittoria ai fanatici.
L'astensionismo (che è sempre un male) può essere innocuo nei paesi di consolidata tradizione liberaldemocratica, mentre è un disastro in paesi come l'Iran.
E in Italia? Bah, ci devo pensare.

20 dicembre 2005

Qualità della vita: le statistiche dicono che ...

Il tempo passa, ma le ultime statistiche sulla qualità della vita non sono molto diverse dalle precedenti, e da quelle di due, tre, quattro, ecc., anni fa. Basta guardare quali sono le prime dieci e le ultime dieci province italiane:

Le prime 10 e le ultime 10
Sei anche quest anno le macro-aree indagate (Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi/Ambiente/Salute, Criminalità, Popolazione e Tempo libero) ciascuna delle quali articolata in sei parametri.
Le prime 10
1)Trieste; 2)Gorizia; 3)Belluno; 4)Ravenna Aosta Milano (pari merito); 7)Bologna; 8)Trento Bolzano (pari merito); 10)Reggio Emilia.
Le ultime 10
94)Catanzaro; 95)Lecce; 96)Bari; 97)Taranto; 98)Trapani; 99)Catania; 100)Foggia; 101)Palermo; 102)Agrigento; 103)Vibo Valentia.

Il resto dell'articolo del Corriere della Sera analizza e spiega i dettagli e i parametri della rilevazione.

18 dicembre 2005

Norm è il migliore

Una grande notizia: Norm ce l'ha fatta: è il miglior blog del Regno Unito. Congratulazioni al professor Geras! Mai premio è stato più meritato!

Tra De Gasperi e Dossetti un abisso

“La democrazia dei cristiani” secondo Pietro Scoppola fa arrabbiare Giuseppe Bedeschi, che tra De Gasperi e Dossetti vede un abisso, dal momento che il primo era “un liberale” e l’altro preferiva “l’utopia socialista”. Dunque, Scoppola deve dire da che parte sta, perché
“non si può corteggiare il diavolo e aspergersi d’acqua santa. Oppure - usando una metafora più laica - è illogico sostenere la bontà del modello americano e contemporaneamente coltivare utopie socialisteggianti”.
Oggi il Corriere della Sera pubblica un articolo di Giuseppe Bedeschi (che appare sull’ultimo numero della rivista Liberal) in cui appunto si parla del libro-intervista di Pietro Scoppola edito da Laterza. Chiaramente il libro è al centro del dibattito sul futuro “partito democratico”, e quindi è di strettissima attualità. Riproduco qui l’articolo, dichiarandomi senz’altro d’accordo con Tedeschi. Buona lettura.

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Un bel problema, la democrazia. Nel dopoguerra c’era chi, come De Gasperi, la intendeva liberale e filo-americana. E chi invece, in testa Dossetti, si proponeva di iniettarle forti dosi di giustizia sociale, per farla somigliare a una «società evangelica». Ma adesso dobbiamo fare i conti con una terza via, intermedia, che potremmo definire «alla Scoppola». Lo storico cattolico, nel suo ultimo saggio La democrazia dei cristiani , si sforza di trovare una sintesi che permetta di salvare sia le ragioni politiche di De Gasperi che quelle ideali di Dossetti. Qui, però, deve incassare l’altolà di un filosofo liberale come Giuseppe Bedeschi. Il quale, sull’ultimo numero della rivista liberal , lo invita senza cautele accademiche a chiarire da che parte si collochi. Perché - osserva - non si può corteggiare il diavolo e aspergersi d’acqua santa. Oppure - usando una metafora più laica - è illogico sostenere la bontà del modello americano e contemporaneamente coltivare utopie socialisteggianti. Bedeschi, in sostanza, invita polemicamente Scoppola a mettersi d’accordo con se stesso, anche per evitare che il vagheggiato partito democratico della sinistra di domani «nasca già vecchio, cioè carico delle contraddizioni ideologiche tipiche di una certo mondo culturale cattolico». Non che Bedeschi contesti a Scoppola errori di valutazione riguardo a De Gasperi. Riconosce che la scelta filo occidentale al tempo della guerra fredda, l’europeismo, l’idea di un partito cattolico anticomunista e alleato ai laici liberali, ne La democrazia dei cristiani sono messi in giusta evidenza. Il problema nasce dal fatto che subito dopo, tentando di conciliare l’inconciliabile, Scoppola esalta anche l’arcirivale di De Gasperi, il cripto-socialista Dossetti. Arrivando a nobilitarne la filosofia politica con queste parole: «In un certo senso Dossetti simbolizza la storia non realizzata, le potenzialità inespresse di un certo filone del cattolicesimo democratico. La sua rinuncia fu proficua proprio per questo: perché ha mantenuto viva nel mondo cattolico una tensione verso obiettivi più alti, più coerenti, più nobili». Ma come, commenta a questo punto Bedeschi, non era su Cronache sociali , la rivista dossettiana, che apparivano certi articoli a favore delle «democrazie popolari comuniste», favorevoli a «profondi rinnovamenti» sociali anche in Italia, guidati dalla classe operaia? Come ignorare un simile conflitto? «Lo è solo in apparenza», ribatte Pietro Scoppola, dal momento che Dossetti «ha soltanto prospettato un ideale di società elevato, per certi aspetti più coerente con il modello sociale cristiano». E poi - osserva - Bedeschi nel suo ragionamento trascura l’importanza del fattore tempo: «Una posizione annunciata cinquant’anni fa può maturare proprio oggi». Il che si può applicare anche ai modelli politici da adottare in Italia. «De Gasperi credeva nei partiti d’opinione, essenzialmente liberali, mentre Dossetti sosteneva l’idea che dovessero essere fortemente organizzati, comunque in grado di indicare la strada ai governi. Oggi l’idea di un nuovo partito democratico è lontana sia dal primo che dal secondo modello, tuttavia potrebbe conciliarli. Proprio così, quello che al tempo della guerra fredda era impensabile oggi si può riproporre. Il partito democratico è in grado di recuperare le due eredità e portarle a una sintesi». Il che, sottolinea un altro storico vicino a Scoppola, Francesco Traniello, corrisponde probabilmente a una tacita intesa stabilita fra gli stessi De Gasperi e Dossetti. E’ una tesi che apparirà nel saggio Religione cattolica e Stato nazionale , in uscita a gennaio per il Mulino. «I due avevano in mente democrazie diverse, e questo in fondo corrispondeva a una divisione naturale dei compiti. Da un lato la filosofia di Dossetti, che ha trovato il suo sigillo nella Costituzione, dall’altro quella di De Gasperi, che si è realizzata nell’azione concreta di governo». E questo è tutt’altro che un paradosso, secondo Traniello, «perché l’esercizio del potere è una cosa, i principi fondativi dello Stato tutt’altra. E dunque la tesi di Scoppola è giusta: De Gasperi non ha voluto cancellare il dossettismo, e in fondo i famosi "professorini" della sinistra gli hanno fatto comodo, consentendogli di mantenere un collegamento, uno scambio politico costante con l’area della sinistra». Per cui il mitico partito democratico ne uscirebbe salvo, anzi conciliatore degli opposti? Bedeschi non ci crede e commenta: «Se Scoppola ha ragione nel rivalutare Dossetti, allora tutta l’opera di De Gasperi è da gettare alle ortiche».
(Giuseppe Bedeschi, Corriere della Sera, 18 dicembre 2005)

12 dicembre 2005

Votate per il Professore!

Segnalo ai lettori di Foglie d'erba che Normblog è tra i finalisti di The Weblog Awards 2005, “best UK blog.” Si può votare fino al 15 dicembre, ogni giorno, una volta al giorno. Io ho già votato, fatelo anche voi!

09 dicembre 2005

Scuole di pensiero

Ci risiamo: in Iran c'è qualcuno che vuole la guerra ...
Intanto, piccoli Ahmadinejad crescono.