18 dicembre 2005

Tra De Gasperi e Dossetti un abisso

“La democrazia dei cristiani” secondo Pietro Scoppola fa arrabbiare Giuseppe Bedeschi, che tra De Gasperi e Dossetti vede un abisso, dal momento che il primo era “un liberale” e l’altro preferiva “l’utopia socialista”. Dunque, Scoppola deve dire da che parte sta, perché
“non si può corteggiare il diavolo e aspergersi d’acqua santa. Oppure - usando una metafora più laica - è illogico sostenere la bontà del modello americano e contemporaneamente coltivare utopie socialisteggianti”.
Oggi il Corriere della Sera pubblica un articolo di Giuseppe Bedeschi (che appare sull’ultimo numero della rivista Liberal) in cui appunto si parla del libro-intervista di Pietro Scoppola edito da Laterza. Chiaramente il libro è al centro del dibattito sul futuro “partito democratico”, e quindi è di strettissima attualità. Riproduco qui l’articolo, dichiarandomi senz’altro d’accordo con Tedeschi. Buona lettura.

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Un bel problema, la democrazia. Nel dopoguerra c’era chi, come De Gasperi, la intendeva liberale e filo-americana. E chi invece, in testa Dossetti, si proponeva di iniettarle forti dosi di giustizia sociale, per farla somigliare a una «società evangelica». Ma adesso dobbiamo fare i conti con una terza via, intermedia, che potremmo definire «alla Scoppola». Lo storico cattolico, nel suo ultimo saggio La democrazia dei cristiani , si sforza di trovare una sintesi che permetta di salvare sia le ragioni politiche di De Gasperi che quelle ideali di Dossetti. Qui, però, deve incassare l’altolà di un filosofo liberale come Giuseppe Bedeschi. Il quale, sull’ultimo numero della rivista liberal , lo invita senza cautele accademiche a chiarire da che parte si collochi. Perché - osserva - non si può corteggiare il diavolo e aspergersi d’acqua santa. Oppure - usando una metafora più laica - è illogico sostenere la bontà del modello americano e contemporaneamente coltivare utopie socialisteggianti. Bedeschi, in sostanza, invita polemicamente Scoppola a mettersi d’accordo con se stesso, anche per evitare che il vagheggiato partito democratico della sinistra di domani «nasca già vecchio, cioè carico delle contraddizioni ideologiche tipiche di una certo mondo culturale cattolico». Non che Bedeschi contesti a Scoppola errori di valutazione riguardo a De Gasperi. Riconosce che la scelta filo occidentale al tempo della guerra fredda, l’europeismo, l’idea di un partito cattolico anticomunista e alleato ai laici liberali, ne La democrazia dei cristiani sono messi in giusta evidenza. Il problema nasce dal fatto che subito dopo, tentando di conciliare l’inconciliabile, Scoppola esalta anche l’arcirivale di De Gasperi, il cripto-socialista Dossetti. Arrivando a nobilitarne la filosofia politica con queste parole: «In un certo senso Dossetti simbolizza la storia non realizzata, le potenzialità inespresse di un certo filone del cattolicesimo democratico. La sua rinuncia fu proficua proprio per questo: perché ha mantenuto viva nel mondo cattolico una tensione verso obiettivi più alti, più coerenti, più nobili». Ma come, commenta a questo punto Bedeschi, non era su Cronache sociali , la rivista dossettiana, che apparivano certi articoli a favore delle «democrazie popolari comuniste», favorevoli a «profondi rinnovamenti» sociali anche in Italia, guidati dalla classe operaia? Come ignorare un simile conflitto? «Lo è solo in apparenza», ribatte Pietro Scoppola, dal momento che Dossetti «ha soltanto prospettato un ideale di società elevato, per certi aspetti più coerente con il modello sociale cristiano». E poi - osserva - Bedeschi nel suo ragionamento trascura l’importanza del fattore tempo: «Una posizione annunciata cinquant’anni fa può maturare proprio oggi». Il che si può applicare anche ai modelli politici da adottare in Italia. «De Gasperi credeva nei partiti d’opinione, essenzialmente liberali, mentre Dossetti sosteneva l’idea che dovessero essere fortemente organizzati, comunque in grado di indicare la strada ai governi. Oggi l’idea di un nuovo partito democratico è lontana sia dal primo che dal secondo modello, tuttavia potrebbe conciliarli. Proprio così, quello che al tempo della guerra fredda era impensabile oggi si può riproporre. Il partito democratico è in grado di recuperare le due eredità e portarle a una sintesi». Il che, sottolinea un altro storico vicino a Scoppola, Francesco Traniello, corrisponde probabilmente a una tacita intesa stabilita fra gli stessi De Gasperi e Dossetti. E’ una tesi che apparirà nel saggio Religione cattolica e Stato nazionale , in uscita a gennaio per il Mulino. «I due avevano in mente democrazie diverse, e questo in fondo corrispondeva a una divisione naturale dei compiti. Da un lato la filosofia di Dossetti, che ha trovato il suo sigillo nella Costituzione, dall’altro quella di De Gasperi, che si è realizzata nell’azione concreta di governo». E questo è tutt’altro che un paradosso, secondo Traniello, «perché l’esercizio del potere è una cosa, i principi fondativi dello Stato tutt’altra. E dunque la tesi di Scoppola è giusta: De Gasperi non ha voluto cancellare il dossettismo, e in fondo i famosi "professorini" della sinistra gli hanno fatto comodo, consentendogli di mantenere un collegamento, uno scambio politico costante con l’area della sinistra». Per cui il mitico partito democratico ne uscirebbe salvo, anzi conciliatore degli opposti? Bedeschi non ci crede e commenta: «Se Scoppola ha ragione nel rivalutare Dossetti, allora tutta l’opera di De Gasperi è da gettare alle ortiche».
(Giuseppe Bedeschi, Corriere della Sera, 18 dicembre 2005)

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