17 novembre 2008

Il nulla blogosferico

Stavo rimettendo in ordine qualche idea da condividere qui sul blog, quando mi sono sorpreso a riflettere sul fenomeno blogosfera: un evento, a suo modo, perché della cosa (e dei dibattiti relativi) non mi sono mai interessato. Però ogni tanto bisogna pensare anche allo strumento che si usa, non darlo per scontato. Sono parecchio deluso dalla blogosfera in lingua italiana, forse perché da qualche mese la osservo con un certo distacco, soprattutto da quando ho scoperto il piacere di navigare nelle lingue straniere con le quali ho qualche dimestichezza (inglese e francese, e un pochino lo spagnolo).
Non che le cose, fuori dall’Italia, siano rose e fiori, però i blog italiani (a parte i soliti due o tre che qui cito più di frequente) mi hanno stancato molto più degli “altri”. Si badi bene, io non credo di essere uno particolarmente esigente, non sono un letterato, malgrado la mia passionaccia per una certa letteratura americana, non sono uno che si sente in diritto di pontificare su tutto, sono solo uno che ama leggere e qualche volta prende qualche appunto e lo gira qui. Ma la differenza tra blog seri e blog fasulli credo di riuscire a vederla. E mi domando come mai i blog che vanno per la maggiore mi annoiano a morte mentre altri molto meno noti mi interessano e mi motivano.

Qualche mese fa ho letto questa cosa di Paolo Valdemarin, che a sua volta citava ed esprimeva vivo apprezzamento per un post di Marco Mazzei. In entrambi i casi si parlava della blogosfera italiana e di come avesse deluso. Ebbene, io sono assolutamente d’accordo con loro e con le argomentazioni portate a a supporto.
Condivido con quei due anche l’apprezzamento per molti blog “minori”, se mi si passa l’espressione, quelli che ogni tanto mi capita di frequentare magari per caso (ne potrei citare una dozzina, ma mi limito a un paio che, senza pretese, senza spocchia, fanno cose significative, in piena libertà di giudizio, senza affiliazioni e intruppamenti).
Buona volontà, intelligenza, libertà e umiltà: ecco cosa ci trovo. E nessuna velleità (di diventare “redattori”, come dice Mazzei, o qualcos’altro, che so, politici, ecc.). Una boccata di ossigeno. Tutto qui.

04 novembre 2008

Rieccoci

Il mio silenzio è stato troppo lungo ed anche un po' vergognoso. Ma penso di avere alcune attenuanti, tra cui un lavoro che ultimamente non mi ha dato tregua e mi ha sballottato in giro per il globo oltre ogni umana immaginazione. Cosa sarebbe questo lavoro se non fosse così maledettamente interessante! Va bene, comunque eccomi ancora qua, e stavolta non per rimanerci per una frazione di secondo, o all'incirca (seriamente, stavolta dovrei farcela a rimanere in circolazione per qualche mese, complice qualche affanno del sistema economico globale).

Che dire per riprendere i contatti? Mah, che come al solito la navigazione nella blogosfera mi ha portato ai blog di sempre (quelli che se posso li leggo anche in Indonesia o in Madagascar). Qualcuno in inglese, qualcuno in francese o spagnolo, qualcuno in italiano. Avendo frequentemente tempi molto ristretti, devo per forza selezionare. Quindi solo il meglio del meglio, per capirsi: i Norman Geras, i Christopher Hitchens, i Rob, e gli altri elencati sulla destra (ma è un elenco da rifare almeno in parte, qualche aggiunta soprattutto). Rob in particolare ha scritto (in italiano) cose memorabili sulla rovinosa caduta di Veltroni dopo i brillanti esordi. In inglese si è occupato anche della riformetta della Gelmini con un paio di post che condivido totalmente. L'argomento mi sta particolarmente a cuore, evidentemente, dal sistema formativo dipende il nostro futuro. Questa banale constatazione, però, non sembra condivisa dalla nostra classe politica, nessuno escluso, sia chiaro, anche se la sinistra fa finta di interessarsene per catturare qualche improbabile consenso.

Per oggi, direi, è tutto. A risentirci.

17 maggio 2008

E ora che fatto outing ...

L’eco delle vicende italiche, ultimamente, mi è arrivata sporadicamente, a causa di un contesto piuttosto problematico dal punto di vista dei collegamenti (facevo la spola tra Cile e Argentina, e soprattutto tra posti dimenticati da Dio e dagli uomini). Quando potevo avere accesso all’ Internet, spesso fortunosamente, mi collegavo con il Corriere e, nella blogosfera, con il blog di Rob, che però stavolta è stato un po’ latitante per quel che riguarda l’Italia, essendosi buttato a capo fitto sull’inglese (e la cosa mi fa piacere per lui ma a me toglie una fonte di illuminazione non da poco, come lui sa bene, anche se probabilmente non gliene può importare di meno …).
Comunque, a parte la vittoria del Cavaliere, alla quale non ho potuto contribuire anche se ne avrei avuto l’intenzione, mi sono interessato poco. In questi giorni ho seguito il caso Travaglio, e la cosa non mi ha minimamente entusiasmato. Però ci ha pensato Filippo Facci (anche qui e qui) e quindi la mia disistima ha trovato uno sfogo più che degno.
Oggi leggo sul Corriere che il Travaglio ha fatto outing per dire che ha votato Di Pietro. Poi che Beppe Grillo gli ha aperto le porte del suo blog. Il quadro è così completo. Poi dice che uno sta troppo volentieri lontano dall’Italia. Per fortuna questa gente fa perdere le elezioni a chi è bene che le perda, e tanto mi basta e avanza.

11 febbraio 2008

La quadratura del cerchio

Su Il Giornale di oggi Claudio Borghi svolge una riflessione interessante circa la svolta che i due grandi partiti allo stato nascente hanno impresso al sistema politico nazionale. Dopo la “camicia di forza” rappresentata nel recente passato dall’ingresso nell’euro, oggi si registra un altro passo avanti in direzione del buon governo:

Lo scivolo verso il disastro sembrava inevitabile ma per fortuna l’ingresso nell’euro ha rappresentato la prima medicina, sotto forma di una camicia di forza costituita dal vincolo di bilancio. In pratica non si poteva più spendere liberamente, pena l’uscita dai parametri di Maastricht.
…..
La creazione di due grandi partiti potrebbe rappresentare la quadratura del cerchio: si tratta di un’ulteriore camicia di forza che potremmo chiamare «vincolo di dissenso», annullando la possibilità di veto di un partitino minore ed al contempo mantenendo la motivazione al buon governo data dal timore dell’alternanza con l’altra forza.
…..
Il fatto che l’approdo a questa soluzione sia stato su base volontaria e non imposto esternamente con il referendum (che diventa a questo punto indifferente) è un’ulteriore garanzia di tutela ed è un punto di arrivo migliore della grande coalizione, che rischia di non avere alternative temibili, diventando alla lunga passiva. È una grande occasione.

Non ci resta altro che sperare che Borghi abbia ragione. Personalmente oserei dire che l'ottimismo (la possibilità che si arrivi alla "quadratura del cerchio") non sarebbe del tutto fuori luogo.

Colloqui americani

Durante la mia ultima prolungata permanenza all’estero ho avuto modo di parlare con parecchi americani “in carriera”, gente lanciatissima, relativamente giovane, dinamica. Naturalmente l’argomento erano le primarie. La cosa che più mi ha colpito è stata la scarsissima considerazione per la quasi totalità dei candidati. Direi che il clima politico non sembra molto diverso da quello italiano. L’unica eccezione è Obama, che tra i democrats furoreggia come un nuovo Kennedy. Un fenomeno interessante, come può esserlo quello di questi americani “wasp” che stravedono per un candidato di colore. Un segno, direi, di quanto le cose sono cambiate negli States in questi ultimi anni: qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa l’accettazione piena, senza riserve, della possibilità di vedere un nero alla Casa Bianca. Ne sono rimasto affascinato.

Un’altra cosa che mi aveva colpito era la diffidenza per Rudy Giuliani. Quindi la sua clamorosa caduta, devo dire, non mi ha meravigliato più di tanto. Sia tra i filo-democratici che tra i filo-repubblicani era opinione abbastanza diffusa, per esempio, che Giuliani, in realtà, non volesse affatto correre veramente per la presidenza. Non ho capito bene da cosa traessero questa convinzione, ma l’idea era che il “Sindaco d’America” sapeva benissimo che i repubblicani “doc” non lo avrebbero sostenuto. In effetti le cose sono andate così, e forse qualcosa di vero, in quelle dietrologie, c’era.

Sarà poi un caso, ma non ho trovato nessuno che tifasse o almeno dimostrasse stima per Hillary. “E’ forte soltanto negli apparati del partito”, mi dicevano, ma alla gente non piace neanche un po’, e “non vale nemmeno la metà di suo marito” e cose del genere. Povera Hillary. E difatti gli ultimissimi risultati parlano di una disfatta.

McCain, tutto sommato, non dispiace. Nessuno stravede, ma non suscita neppure particolari ostilità. Tanto che, volendo azzardare una previsione, mi sa che è lui il grande favorito.

Un’ultima considerazione: se i risultati finora confermano le impressioni che avevo riportato dai miei colloqui quotidiani (qualche volta, d’accordo, davanti a un bicchiere di bourbon …), le mie letture, sia americane (i maggiori newspapers) che italiane (idem), non ci hanno azzeccato neanche un po’. Questo vorrà pur dire qualcosa. O no?

08 gennaio 2008

La vergogna (ci sono altre parole?)

Non oso pensare alle scuse che mi toccherà inventare quando sarò di nuovo in giro per il mondo (tra un paio di mesi, molto probabilmente) e dovrò rispondere a chi mi chiederà un commento o una spiegazione , con modalità oscillanti tra l'imbarazzo, la pietà e la crudeltà mentale, su quello che sta accadendo in Campania in questi giorni. Sapendo tra l'altro che quel certo riguardo con il quale nei paesi civili di solito vengo accolto non è generalmente riservato ai nostri lavoratori, emigrati senza grandi aziende internazionali alle spalle, lauree, master, ecc. Per loro, lo so, sarà, è, dura. E se sono napoletani o meridionali, e non "polentoni" come me, ... meglio essere trasparenti. Non so come me la caverò, dicevo, ma in patria, di certo, la verità ce la possiamo dire tranquillamente. Anche se a dirla, effettivamente, sono pochissimi. E non sulla "grande informazione", questo è sicuro. Per questo esistono i blog, direi. Questo, in particolare, e non perché sia di un amico, come effettivamente è. E' solo che penso sia stato detto quel che andava detto.