22 ottobre 2006

A proposito di complotti

Sergio Romano, editoriale del Corriere di oggi (nessuno si meravigli se queste parole suonano un pochino banali, ci si preoccupi piuttosto di ciò che le ha provocate):

Non credo vi sia stato un altro momento politico, dopo Tangentopoli, in cui i sentimenti di stima e fiducia della società per il vertice del Paese, soprattutto politico ma anche economico, abbiano toccato un punto così basso. (...) Le teorie del complotto rischiano di offuscare i termini del problema. La minaccia che incombe sul governo Prodi non viene, in ultima analisi, da una congiura trasversale dei suoi nemici. Il malessere nasce all’interno della coalizione e contagia il Paese. Il presidente del Consiglio ha un alto concetto di sé, si è fissato una rotta ed è convinto di poter tagliare il traguardo.
Ma non può ignorare che il suo governo è un coro di voci discordanti, che mai prima d’ora ministri e sottosegretari avevano dimostrato nei loro pubblici litigi un così scarso senso del pudore e che l’opinione pubblica attribuisce alle pressioni dell’estrema sinistra molte misure discutibili della Finanziaria. Anziché sospettare le intenzioni dei suoi nemici (non vi è governo che non ne abbia) Prodi dovrebbe interrogarsi sul malumore del Paese. Scoprirebbe che il «complotto » è il meno grave dei pericoli a cui deve far fronte.


Poi, in un'intervista a Repubblica, il premier si è pentito ("Nessun complotto"), ma intanto si è meritato questa bacchettata.

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